Tra il fiume Albano e le onde del lago, nel XVI secolo c’era una vigna. A protezione delle coltivazioni dalle piene dell’Albano, disastrose nelle annate 1511 e 1516, tale Tomaso Scanagatta volle erigere sulla riva destra del torrente una semplice cappelletta votiva chiamando ad affrescare un’immagine mariana il pittore Giorgio da Serono. L’iconografia è di una Vergine col Bambino tra le braccia. Il viso ovale di Maria è molto dolce, con occhi scuri lievemente a mandorla, sopracciglia arcuate e sottili, bocca piccola dalle labbra ben disegnate, chiuse. La testa è leggermente reclinata verso sinistra, i capelli lisci e pettinati con la scriminatura sottile e diritta della Lucia manzoniana e portati dietro le orecchie. Gli abiti nei colori canonici della tradizione, velo azzurro e abito rosso, quest’ultimo con bordura giallo oro allo scollo, hanno smaltito col tempo la brillantezza delle tinte lasciando in maggiore risalto i volti dei personaggi, come su uno sfondo sfumato. Il Bambino Gesù presenta fattezze molto simili a quelle della madre, per quanto più vivaci e “tradotte” in linee infantili, riccioli dorati, un abitino a panneggio color rosa-arancio, collana e bracciali a grani con un curioso pendente. Sostenuto dalle braccia della madre, il Santo Bambino leva la destra benedicente con tre dita distese, simbolo della Trinità; il braccio sinistro poggia completamente su quello corrispondente della Madre, “a renderla partecipe delle grazie di cui è la fonte” spiega l’esegesi, sottolineando dunque il ruolo di mediatrice di Maria. La cappelletta superò indenne due nuove alluvioni, negli anni 1533 e 1541, che portarono distruzione in buona parte del paese trascinando via persino il muro di cinta del vigneto. Fu forse questo a valere alla sacra immagine l’epiteto di “Madonna del Fiume”; senz’altro accrebbe la devozione dei donghesi. Erano le tre del pomeriggio del 6 settembre 1553. Una donna raccolta in preghiera, Maria de’ Matti, volgendo lo sguardo all’immagine vide una lacrima sgorgare dall’occhio destro della Madonna. È facile immaginare le sue grida di stupore e di reverenza, l’accorrere della gente richiamata anche dal suono delle campane della parrocchiale. Tra i numerosi testimoni ci sarà anche un sacerdote, don Bernardo Bonizio; la lacrimazione non cessa e il buon prete riuscirà a raccogliere quelle lacrime assicurando un calice alla parete dipinta, presso il volto dell’immagine sacra, con un semplice cingolo da Messa. Quel calice entrerà a far parte della storia del prodigio e, prima di andar disperso a seguito delle soppressioni dei conventi nel 1810, sarà esposto alla venerazione dei fedeli e portato in processione nell’annuale festa della Madonna. Come sempre la Chiesa andò cauta: la Curia Vescovile di Como istituì regolare processo canonico, apertosi il 31 luglio 1615, raccogliendo le deposizioni giurate di alcuni testimoni oculari del prodigio e analizzando scientificamente l’accaduto quanto lo consentivano le conoscenze dell’epoca. Dopo accurato esame da parte del frescatore e di un valente muratore fu esclusa la possibilità di un fenomeno di trasudazione, perché in quello scorcio d’estate il tempo era asciutto e del resto non erano mai stati notati segni di umidità sull’affresco o sul muro circostante, né lo furono in seguito. Il fenomeno dunque rimase inspiegabile, se non con un intervento ultraterreno che, si ritenne, volle richiamare alla fede quelle terre minacciate dall’avanzare del protestantesimo. Su questo non ebbe dubbi la gente delle Tre Pievi, che da quel giorno di settembre non aveva mai cessato di accorrere all’immagine del prodigio. Le cronache del tempo, del resto, parlano di numerosi miracoli, come guarigioni di muti, storpi e ciechi. Per accogliere i fedeli fu edificato un tempietto semicircolare tutt’attorno alla cappella, poi sostituito da un edificio più grande.
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(forma breve)
Nel pomeriggio del 6 settembre 1553 Maria de’ Matti da Dongo si accorse che sgorgavano lacrime da un’immagine di Maria dipinta su un muro sito sulla riva sinistra del fiume Albano. Spaventata e meravigliata, la donna incominciò a gridare al miracolo, attirando sul luogo molta gente del paese: tutti constatano che le lacrime fluiscono dagli occhi di quell’immagine di Maria rappresenta con in braccio il suo figlio Gesù.
Il sacerdote don Bernardo Bonizo raccoglie in un calice le lacrime della Vergine. Il popolo di Dongo, in segno di riconoscenza alla Madre di Dio, subito dà inizio alla costruzione di un tempio che ricordi il miracolo avvenuto e permetta ai fedeli di giungere in pellegrinaggio ad invocare la Vergine Maria.
Nel 1607 la popolazione di Dongo decretava l’erezione di un convento a proprie spese e di accogliervi i figli di San Francesco, i quali giunsero al santuario il 5 aprile 1614.
I frati si dedicano al servizio della gente e le sono vicini soprattutto nei momenti di difficoltà. Saranno tra i primi soccorritori degli appestati nella tremenda epidemia del 1630 di manzoniana memoria.
Le vicende politiche all’inizio del 1800 allontanarono i frati da Dongo, ma la generosità della famiglia Polti-Petazzi riscattò il convento e gli eredi Manzi lo restituirono ai frati.
Accanto al santuario, meta continua di pellegrinaggi, i frati si impegnano a favorire lo studio e la cultura attraverso una preziosissima biblioteca e attualmente con la pubblicazione della Rivista “Quaderni della Biblioteca francescana di Dongo”.
Ogni anno il 6 settembre si celebra con solennità la festa del Miracolo.
Presso il Santuario Madonna delle Lacrime e convento francescano di Dongo è presente e attivo da molto tempo l’Ordine Francescano Secolare. Questa fraternità, si compone di fratelli e sorelle che, sentendosi parte attiva della Chiesa, mossi e guidati dallo Spirito Santo, intendono vivere e consacrare la propria vita a Gesù, nel mondo, con umiltà, semplicità e devozione a Gesù, seguendo la regola di vita di San Francesco d’Assisi.
Chi si sentisse ispirato interiormente a questo cammino è benvenuto.
Pertanto, per chi fosse interessato o anche solo incuriosito da tutto questo, può prendere contatto e delucidazioni con un componente dell’OFS di Dongo; o direttamente con la responsabile della fraternità, oppure rivolgendosi e chiedendo in Santuario.
Grazie.
PACE E BENE; la fraternità di Dongo.
Omelia del nostro vescovo Oscar cardinal Cantoni
Eccoci di nuovo al nostro appuntamento annuale in questa casa di Maria, che ci accoglie sempre con gioia come figli amati.
Gesù morente sulla croce, come abbiamo udito dal vangelo, affidando Giovanni a Maria, ha nello stesso tempo affidato anche tutti noi, discepoli del suo Figlio, perché Giovanni ci rappresenta.
È bello quindi sentirci sotto le cure tenere, perché materne, di Maria. Tuttavia, Ella non ci trattiene possessivamente sotto di sé, ma ci guida, ci prepara, ci invita all'incontro con il suo figlio Gesù per fare quello che lui chiede a ciascuno di noi. È lui solo l'agnello di Dio, che toglie il peccato del mondo, quindi anche i nostri peccati personali.
Maria ci vuole liberi, di quella libertà che ci ha acquistato Cristo morendo sulla croce. Ella sa che solo Gesù può liberarci dal male che ci attanaglia e ci rende schiavi. Gesù ci libera dal nostro egoismo, dall'orgoglio, dalla presunzione, dalla amarezza, dal pessimismo, dai giudizi freddi nei confronti degli altri, dalla incapacità di accoglierli e di perdonarli nella loro debolezza.
Gesù Ci dona il suo Spirito che ci permette di compiere il bene, di vivere a servizio gli uni degli altri, ci dona di sperimentare la gioia di essere figli di Dio, teneramente amati e veri fratelli tra di noi.
Maria comprende le nostre debolezze e si fa sollecita perché ci decidiamo a uscir fuori dalla nostra mediocrità, il male di cui ci giustifichiamo facilmente e che favorisce di accettarci per quello che siamo, restando passivi, piuttosto che avanzare continuamente “Il non andare avanti, è già un andare indietro” ci suggeriscono i Santi.
Siamo infatti tutti piuttosto benevoli con noi stessi, giudici pietosi nei nostri confronti, mentre siamo tentati di essere giudici severi verso gli altri.
Proprio perché madre, Maria è esigente con noi e ci invita a guardare oltre, ad avanzare con fiducia e speranza verso quelle mete alle quali il Signore vuole condurci.
Le lacrime di Maria si ripetono davanti alla nostra rassegnazione. Ella non si accontenta, come una madre esigente che vuole il bene dei suoi figli. Ci invita perciò ad avanzare, ossia ad andare oltre, piuttosto che rassegnarci alla nostra pigrizia. Dio è più grande e ha mete più alte per ciascuno di noi.
Non basta giustificarci, riconoscendo che noi abbiamo seguito Gesù una volta per tutte, dimenticando però il fatto che occorre piuttosto seguirlo nei dettagli, ossia nelle esigenze spicciole della vita cristiana. Queste si manifestano nei singoli fatti concreti, nelle situazioni quotidiane della vita, dentro le relazioni non sempre trasparenti nei confronti degli altri. Mentre giudichiamo spesso gli altri con rigore, nei nostri confronti personali ci giustifichiamo facilmente, dicendoci che "ormai" siamo abituati così, ma in questo modo costruiamo la nostra tomba.
Grazie, Maria, madre e sorella nostra, che con ogni premura ci sei accanto e ci costringi ad avanzare, come sei avanzata tu nel cammino della fede. Donaci coraggio nella prova e rendici più attenti ai cenni del tuo Figlio, perché siamo pronti a tendere verso le mete che tuo Figlio desidera da ciascuno di noi.
Oscar Cardinal Cantoni, vescovo della diocesi di Como, 6 settembre 2024
O Vergin Santa amabile, di gemme incoronata,
guarda la fide e supplice, Dongo qui a te prostrata;
che lieta in dolce canto, commossa commossa dal tuo pianto,
commossa dal tuo pianto s'inchina innanzi a te.
Rit.: Tu sei brillante, fulgida, ai naviganti Stella,
quando con l'onda turgida, minaccia la procella,
il canto del nocchiero, Tu accogli ed il primiero
sereno fai tornar.
E qui volesti d'Angeli, corteo perenne ed adorno;
altar che del miracolo, parlasse d'ogni intorno.
E di Francesco i figli, di cantici di cantici e di gigli,
di cantici e di gigli porgono omaggio a Te.
Rit.: Tu sei brillante, fulgida, ai naviganti Stella,
quando con l'onda turgida, minaccia la procella,
il canto del nocchiero, Tu accogli ed il primiero
sereno fai tornar.
O Vergin Santa amabile, di gemme incoronata,
guarda la fide e supplice, Dongo qui a te prostrata;
che lieta in dolce canto, commossa commossa dal tuo pianto,
commossa dal tuo pianto s'inchina innanzi a te.
O Madonna delle Lacrime,
guarda con materna bontà
al dolore del mondo!
Asciuga le lacrime dei sofferenti,
dei dimenticati, dei disperati,
delle vittime di ogni violenza.
Ottieni a tutti lacrime
di pentimento e di vita nuova,
che aprano i cuori
al dono rigenerante
dell'amore di Dio.
Ottieni a tutti lacrime di gioia
dopo aver visto la profonda tenerezza
del tuo cuore. Amen.
Preghiera recitata da San Giovanni Paolo II davanti alla Madonna delle lacrime di Siracusa, il 6 novembre 1994
Madonna delle Lacrime, con viva fede Ti preghiamo: ottienici la grazia di crescere nell'amore verso il Tuo Divin Figlio, Gesù Cristo.
La Sacra effigie ha lacrimato il 6 settembre 1553:
Affidata: ai Frati Minori francescani il 5 aprile 1614
Incoronata: dal Beato Ildefonso Schuster Arcivescovo Cardinale di Milano il 21 ottobre 1945
Pregata:
da San Luigi Guanella di Fraciscio, fondatore delle Figlie di S. Maria della Provvidenza e dei Servi della Carità;
dalla beata Chiara Bosatta di Pianello Lario, fiore delle suddette figlie;
dal beato Enrico Rebuschini, Camilliano di Dongo.
Visitata: da molti pellegrini negli Anni Giubilari.
Madonna delle Lacrime, prega per noi.